Smettila di dare la colpa alla crisi: 3 scuse che ti stanno frenando

Troppi negozi restano fermi perché si nascondono dietro scuse come “la crisi”, “i social non funzionano” o “il sito costa troppo”. La verità è che i clienti non hanno smesso di comprare: hanno solo cambiato abitudini. Questo articolo smonta le giustificazioni più comuni e mostra come tornare a muoversi, comunicare meglio e vendere di più.

Ogni volta che parli con un commerciante, c’è una frase che prima o poi salta fuori:
“Eh, ma la crisi…”

È diventata quasi un riflesso automatico, una coperta di Linus che spiega tutto. Se le vendite vanno male, è la crisi. Se i clienti non entrano, è la crisi. Se i social non funzionano, è la crisi.

La realtà? La crisi esiste, ma non è l’unica responsabile. E continuare a usarla come scusa è il modo migliore per restare fermi mentre altri si muovono e ti passano davanti.

Ci sono tre scuse che sentiamo ogni giorno. Tre frasi che bloccano i negozi più di qualunque problema esterno. Vediamole insieme e smontiamole, una volta per tutte.

1.“La gente non spende più”

È davvero così? O è che le persone non spendono da te?
Perché la verità è che i clienti spendono eccome: smartphone da mille euro, viaggi all’ultimo minuto, cene fuori, abbigliamento firmato, prodotti di nicchia.

Il problema non è che non spendono. È che sono diventati più selettivi. Vogliono valore, vogliono fiducia, vogliono esperienze. E se non trovano tutto questo da te, lo trovano altrove.

💡 Esempio: il cliente che dice “non spendo per una camicia da 60 euro” magari il giorno dopo compra un paio di scarpe online a 120. Perché? Perché lì ha trovato una comunicazione chiara, un’esperienza d’acquisto semplice e una percezione di qualità.

La domanda giusta non è “perché la gente non spende?”.
È: “Perché non sceglie di spendere nel mio negozio?”

2.“I social non funzionano”

Questa è una delle scuse più diffuse. Ma se fosse vero, perché tanti negozi stanno crescendo proprio grazie ai social?

La verità è che i social funzionano. Non funzionano i post senza anima, pubblicati una volta ogni tanto, con la foto storta e una frase generica tipo “Vi aspettiamo in negozio”.

I social non sono bacchette magiche: sono specchi. Riflettono quello che ci metti dentro. Se mostri passione, storie, consigli, il cliente ti percepisce come vicino. Se pubblichi a caso, sei invisibile.

💡 Esempio: due negozi identici. Uno pubblica una volta al mese una foto del prodotto sul banco. L’altro ogni settimana condivide: un consiglio pratico, una frase di un cliente, un dettaglio della nuova collezione. Chi pensi che i clienti ricordino e vadano a trovare?

Il problema non è Facebook o Instagram. Il problema è che spesso li usi come bacheche vuote, invece che come conversazioni con i tuoi clienti.

3.“Il sito costa troppo”

Questa è la scusa che brucia più vendite di tutte.
Perché mentre pensi al “costo”, non vedi il guadagno che ti stai perdendo.

Un sito è il tuo negozio aperto 24 ore su 24. Accoglie i clienti mentre tu dormi, risponde alle loro domande mentre sei occupato, raccoglie contatti mentre stai servendo altri. È un commesso digitale che non si stanca mai.

💡 Esempio: un turista che ti ha scoperto ad agosto in vacanza ti cerca a novembre perché vuole riacquistare lo stesso prodotto. Non trova il tuo sito. Risultato: va da qualcun altro. Vendita persa, cliente perso, occasione persa.

Non avere un sito oggi è come chiudere la serranda alle 18 e sperare che la gente ti aspetti fino al mattino. Ma i clienti non aspettano: vanno da chi trovano subito online.

Le scuse non pagano le bollette

La crisi, i social, i siti… tutto può sembrare un ostacolo. Ma sai cosa? Non saranno mai i tuoi alibi a pagare gli stipendi, le fatture, l’affitto del negozio.

Ogni volta che ripeti una di queste frasi, stai scegliendo di fermarti invece di cercare soluzioni.
E intanto ci sono commercianti che, pur vivendo nella stessa città e con la stessa crisi, crescono. Perché smettono di dare la colpa fuori e iniziano a lavorare dentro: nel modo in cui comunicano, organizzano e fanno percepire valore.

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